| Victor Hugo, che detestava qualsiasi forma di calembour, 
              ha scritto: "Le calembour est la fiente de l'esprit qui vole".Nonostante questo ha anch'egli fatto uso dei giochi di parole, 
              scrivendo "Sais tu pourquoi les sauvages vont tous nus? - C'est 
              parce que Christophe Colomb les a découvert".
 
 Il dizionario Bescherelle (10° ed. del 1863) dà la seguente 
              definizione del termine calembour: "Jeu de mot 
              fondé sur une équivoque et le plus ordinairement sur une similitude 
              de sons, sans égard pour l'orthographe."
 
 Si tratta quindi, come si evince da questa definizione, di giochi 
              di parole, dove si fa leva sul fatto che certi termini hanno lo 
              stesso suono, anche se scritti in modo diverso, e possono quindi 
              dare luogo ad equivoci.
 La differenza di senso tra parole omofone sta, dunque, 
              alla base dei calembours.
 Questa frase ne è un esempio: "Des valeurs à lots - Des 
              valeurs à l'eau". Significativo è anche il nome di un 
              bazar che si trova a Parigi ed è chiamato Ob'j'ai trouvé.
 
 La tecnica per costruire un calembour consiste, spesso, 
              anche nel posizionare le parole in una frase facendo sì che ad una 
              parola ne segua un'altra, in modo che l'ultima sillaba della prima 
              parola insieme alla seconda parola diano un risultato foneticamente 
              significativo.
 
 Nel XIII secolo il calembour trovò il proprio massimo esponente 
              in Geoges-François Mareschal, marchese di Bièvre. I personaggi 
              delle sue opere si chiamavano ad esempio l'Ange Lure, l'Abbé Quille, 
              la Comtesse Tation.
 
 Nella letteratura francese esistono esempi dell'uso dei calembours, 
              ma quello più lampante è forse il romanzo di Raymond Queneau 
              "Zazie dans le métro" del 1959.
 Questo romanzo diede a Queneau il suo primo successo soprattutto 
              per l'uso di una lingua piena di inventiva, ricca di argot, 
              neologismi e calembours.
 
 La lingua francese, comunque, è ricchissima di omofoni: 
              in genere ciò non crea ambiguità, se la parola è inserita correttamente 
              nel giusto contesto sintattico, ma certo facilita l'uso dei calembours, 
              come puri giochi di parole.
 
 L'omofonia, può, in questo senso fornire l'occasione per 
              delle ambiguità comunicative, spunto di effetti comici, umoristici 
              o letterari, che difficilmente saranno riproducibili in altre lingue.
 
 Così, per esempio, per il francese si pensi a "l'histoire 
              du sot du roi qui portait le sceau du roi dans un seau. Il était 
              monté à cheval quand, soudain, le cheval a fait un saut. À ce moment-là, 
              tous les sceaux sont tombés à terre", per capire 
              il potere degli omofoni.
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