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             Titolo: Il puro e l'impuro 
              Autore: Colette 
              Genere: narrativa 
            "Ascoltare è un impegno che invecchia il viso, indolenzisce 
              i muscoli del collo e irrigidisce le palpebre a forza di tenere 
              gli occhi fissi sulla persona che parla... E' una specie di dissolutezza 
              mentale... Non soltanto l'ascoltare, ma il tradurre... innalzare 
              sino al suo significato segreto una litania di parole opache, e 
              l'acrimonia sino al dolore, sino all'invidia sfrenata..." 
               
              Ascoltare. E' questo il fine di Colette, nel suo libro "Il 
              puro e l'impuro", la scrittrice francese che fece molto parlare 
              di sè nella Francia di fine '800 e fino alla sua morte avvenuta 
              nel 1954.  
               
              Si parla del piacere, ma non c'è nulla che 
              oggi farebbe scandalizzare e gridare allo scandalo, perchè 
              tutta la ricerca dell'autrice è quello di mettersi al servizio 
              delle storie degli altri, storie che sanno di amore e di 
              paura di amare, di tradimenti, di gelosia, 
              di solitudine, di noia, di relazioni omosessuali, 
              di adulteri, di nuove e inscindibili complicità. 
               
              E il tutto passa attraverso una scrittura che sa conquistare, 
              lieve e gentile, ostinata, intrisa di poesia e del piacere, 
              anche, dello scrivere. 
               
              Sono tante le storie che scivolano dalla penna di questa scrittrice 
              e ognuna è un piccolo mondo a sè, un motivo e un'occasione 
              per capire, per scovare i segreti delle relazioni umane, siano esse 
              scelte per amore o per diletto o per inevitabilità.  
               
              Ed è la complicità che si instaura, intensa, 
              tra Colette e i suoi interlocutori, che fa da cornice ad 
              ogni microcosmo svelato al lettore e che seduce per la sua tristezza 
              e la sua intensa tragicità. 
               
              C'è Charlotte, una bella donna non più giovanissima, 
              frequentatrice di una fumeria d'oppio parigina, che sa conquistare 
              Colette rendendole amiche e profonde conoscitrici l'una dell'altra. 
              Una donna la cui storia congederà così: "Si 
              richiuse bruscamente in se stessa, mi offrì la mano distratta 
              e il sorrisetto garbato dei suoi grandi occhi, spruzzati di verde 
              come le pozze d'acqua che il mare, ritraendosi, lascia sulla riva.", 
              con questa descrizione che sa di autentica poesia.  
               
              Ed è ancora la metafora del mare a venire usata per descrivere 
              un amore tutto al maschile, ma talmente intenso da far dimenticare 
              la necessità dell'appartenere a un sesso piuttosto che all'altro. 
              "Per molto tempo amò i ragazzi biondi e cerulei come 
              si ama il mare infinito e ogni suo flutto ondeggiante." 
               
               
              C'è poi la triste bellezza, di Renèe Vivien 
              ("il suo corpo lungo e esile, reclino, reggeva come un pesante 
              papavero la testa e i capelli dorati, e grandi cappelli vacillanti. 
              Annaspava protendendo le lunghe mani, le vesti coprivano i piedi, 
              lei avanzava colpita da un'angelica goffaggine, e camminando perdeva 
              i guanti, il fazzoletto, l'ombrello, la sciarpa"), una 
              bellezza sofferta, ricercata e dovuta a se stessa prima che 
              agli altri, una bellezza che implica sforzo e sacrifici.  
              Ma questa è la sola vita che Renèe, scrittrice anch'essa 
              "di poesie, ineguali per grazia, per forza e per valore, 
              ineguali come il respiro umano, come le pulsazioni del dolore umano", 
              sa vivere, l'unica che sa portare avanti, accecata da un mondo cui 
              vuole appartenere, una vita che la condurrà a una morte causata 
              da se stessa. "Continua a smagrirsi, perchè si rifiuta 
              di mangiare".  
               
              E anche in altre storie raccontate nei minimi dettagli, da 
              uno sguardo che non sa risparmiare nulla, c'è 
              questo senso di inadeguatezza al vivere, questa tensione 
              che porta alla ribellione, verso se stessi e verso il mondo,verso 
              una società che non sa accettare le diversità e le 
              condanna. 
              E' la storia di due giovinette inglesi appartenenti all'aristocrazia 
              gallese che fuggono insieme. Per amore. E per cinquantatre anni 
              rinchiudono la loro solitudine in un piccolo villaggio, lontano 
              dai commenti e dalle voci inopportune che però non avrebbero 
              scalfito il loro rapporto.  
              "La mia Diletta ed io passeggiamo davanti al nostro cottage", 
              scrive una delle due nel suo diario. Morirono l'una due anni dopo 
              l'altra, divise solo dalla morte.  
               
              La vita stessa di Colette non fu meno intensa e piena di relazioni. 
              Nata a Parigi nel 1873, passò attraverso più matrimoni 
              e più divorzi. Scrittrice, come rimedio alla noia, sotto 
              il nome del primo marito prima e col proprio nome poi, vide pubblicato 
              "Il puro e l'impuro", nel 1932, romanzo che fece tanto 
              discutere al tempo.  
              Nel 1953 fu eletta all'unanimità all'Acadèmie Goncourt 
              e diventò anche grand officier de la lègion d'honneur. 
               
              "Gigì" è il suo ultimo capolavoro: il romanzo 
              fu portato sullo schermo da Audrey Hepburn e fu un successo mondiale. 
               
              Morì il 3 agosto 1954 e la Francia organizzò per lei 
              dei funerali di Stato nella corte d'onore del Palais-Royal. 
             
            Caterina Falomo 
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